Sfide e traguardi

Sfide e traguardi

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    Traguardi recenti

    • L'anno 2000 è stato il primo, nella storia del paese, con un indice d'inflazione pari a zero e un calo significativo del deficit nella bilancia dei pagamenti, quest'ultimo sceso fino a 0,7 miliardi di dollari nel 2005, con un conseguente surplus di 0.9 miliardi nel 2006.

    • L'assorbimento di 1.200.000 immigrati in un decennio, con l'aumento della forza lavoro civile del paese da 1,65 milioni, nel 1990, a 2,8 milioni nel 2006.

    • L'inflazione è stata sconfitta, passando da un indice annuo di 445% nel 1984, al 21% nel 1989, allo 0% nel 2000. Dopo la crescita del 2005, quando l'inflazione era aumentata al 2,4%, nel 2006 l'indice è sceso sotto lo zero, al - 0,1%.

    • Eliminazione del debito estero, che nel 1985 era 1,6 volte superiore al PIL, nel 1995 era ancora pari al 25% del PIL, è poi sceso a meno del 3% del PIL nel 2001, per giungere allo zero nel 2003 – facendo diventare Israele da quel momento un paese creditore (ovvero l'economia mondiale deve a Israele più di quanto Israele è debitrice verso l'economia mondiale).

    • Stabile crescita degli investimenti esteri totali (che incoraggiano il PIL e accelerano crescita ed esportazioni) da 175 milioni di dollari nel 1987 a 5,8 miliardi di dollari nel 1997, a 10,7 miliardi di dollari nel 2005 e 25,2 miliardi nel 2006.

    • Esportazioni industriali cresciute di quasi sei volte negli ultimi due decenni, da 6 miliardi di dollari nel 1985, 35,6 miliardi di dollari nel 2005 e 38,1 miliardi nel 2006. Sfide storiche Il risultato economico che più colpisce d'Israele, è il suo indice di sviluppo mentre il paese affrontava contemporaneamente le seguenti sfide enormemente dispendiose:

    • Mantenimento della sicurezza nazionale: Israele spende adesso circa l'8% (contro l'oltre 25% negli anni '70 e il 23% nel 1980) del suo PIL nella difesa. Anche in periodi di relativa calma, Israele deve mantenere una forte capacità deterrente.

    • L'assorbimento di grandi quantità di immigrati: il "raduno degli esiliati" è la ragion d'essere dello Stato ebraico. Sin dal suo inizio Israele ha accolto oltre 3 milioni di immigrati, cinque volte il numero degli Ebrei che vivevano nel paese alla proclamazione dell'indipendenza (1948). Soltanto nei suoi primi quattro anni la popolazione d'Israele è più che raddoppiata, con l'arrivo nel Paese di 700.000 immigrati, la maggior parte profughi dall'Europa post-bellica e dai paesi arabi. Dagli anni '90 un'altra ondata di un milione e duecentomila immigrati (940.000 soltanto dall'ex Unione Sovietica) ha richiesto enormi somme, per il loro assorbimento fisico e sociale. Tuttavia, molto più velocemente delle ondate d'immigrazione precedenti, questi nuovi arrivati hanno contribuito ad accelerare la crescita del PIL, pur provocando un temporaneo aumento della disoccupazione, fino all'11,2% nel 1992. Quest'ultimo dato si è progressivamente ridotto fino a giungere al 7,6 % alla fine del 2006.

    • La costruzione di moderne infrastrutture economiche: sebbene reti di comunicazione e strade di base, trasporti e strutture portuali, idriche, elettriche e di comunicazioni, già esistessero nel 1948, erano tutt'altro che adeguate e furono necessari enormi somme per il loro sviluppo e la loro espansione. Senza questi enormi investimenti in comunicazioni e trasporti, gran parte della rapida crescita dell'economia non sarebbe mai avvenuta.

    • La fornitura di un alto livello di servizi pubblici (sanità, istruzione, benessere sociale, ecc.): Israele è impegnato ad assicurare il benessere della propria popolazione (con particolare attenzione agli elementi più deboli della società), pertanto una quantità sempre crescente delle sue risorse è stata riservata per venire incontro a questi impegni, e, sebbene le politiche economiche recenti abbiano richiesto una riduzione di questi stanziamenti, i bilanci governativi dal 2006 e 2007 hanno assicurato l'inizio di una tendenza correttiva in questo settore.


    Un miracolo economico 

    Nei suoi primi 25 anni, l'economia israeliana ha raggiunto un impressionante tasso di crescita media del PIL di circa il 10 % l'anno, mentre il paese assorbiva consistenti ondate di immigrazioni di massa, costruiva una moderna economia partendo quasi da zero, combatteva quattro guerre e manteneva la sicurezza. Questo "miracolo economico" è in effetti ampiamente dovuto all'uso fatto di sostanziali importazioni di capitali avvenute nel corso degli anni, primi fra tutti i massicci investimenti in mezzi di produzione, unitamente al successo conseguito dal Paese nell'assorbire rapidamente gli immigrati inserendoli in imprese produttive. Tuttavia, nei successivi sei anni - tra il 1973 e il 1979 – il tasso di crescita è diminuito (come nella maggior parte dei paesi industrializzati, in parte a causa delle crisi del petrolio del 1973-74 e del 1979-80) a una media annua del 3,8 % e, negli anni '80, ha toccato il 3,1 %. Poi, negli anni '90, è stato registrato un tasso medio di crescita annua di oltre il 5% del PIL (toccando persino il 7,7% per cento nel 2000), riscendendo poi al 5,2% alla metà del primo decennio del XXI secolo.

    Il tasso di crescita economica in Israele nel 2006 è stato relativamente alto, se messo a confronto con quello di altri paesi sviluppati. La crescita media del PIL nei 30 paesi dell'OECD ha totalizzato il 3,2% nel 2006 ed è stata più bassa dell'1,9% rispetto a quella registrata in Israele. Tassi di crescita, questi, chiaramente impossibili da conseguire nel corso di una recessione globale, ma quella di Israele è stata una delle prime economie sviluppate, a tornare ad una crescita positiva (0,7 per cento) nel 2009. quando l'economia globale ha iniziato a recuperare, le statistiche hanno indicato che i tassi di crescita sono tornati alla normalità, attorno al 3 per cento agli inizi del 2010. Il PIL pro capite è cresciuto nel corso dell'ultimo decennio del XX secolo, di oltre il 60 per cento, raggiungendo un livello annuale di quasi 25.800 dollari USA nel 2007 e di 27.143 nel 2008.

     

     
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