Principali riforme

Principali riforme

  •  
     

    Liberalizzazione della valuta straniera

    Il Nuovo Shekel Israeliano (NIS) è adesso una valuta "forte", scambiata liberamente su tutti i mercati monetari internazionali. Si tratta di uno sviluppo relativamente recente, dopo decenni di controllo valutario, che è stato essenziale – così come in molti altri paesi, dopo la II guerra mondiale – per la sopravvivenza e la crescita dell'economia. La grave carenza di valuta straniera nei primi anni dello Stato era dovuta principalmente al fatto che le sue importazioni erano di molto superiori alle esportazioni. Ciò richiese il “razionamento" della valuta straniera, assegnandola soltanto per fabbisogni di base (come cibo, carburante e armamenti per la difesa). Macchinari di produzione e materie prime furono aggiunti alla lista solo più tardi, seguiti dalla magra assegnazione di 10$ a persona di cui veniva consentita l'esportazione per viaggi all'estero.

    Alla fine degli anni '50 fu consentita l'importazione di molti beni di “lusso", e agli israeliani fu consentita l'esportazione di 100$ per ogni viaggio all'estero. Gli anni '60 videro un ulteriore allentamento delle restrizioni per le importazioni, che furono liberalizzate completamente negli anni '70, trasferendo l'onere di contenere le importazioni alla "muraglia cinese" degli esorbitanti dazi doganali. Anche questi furono ribassati in maniera considerevole in seguito agli accordi di libero scambio con l'Unione Europea e gli Stati Uniti. A ciò si unì - negli anni '80 – anche un graduale aumento della valuta straniera consentita l'esportazione ad ogni singola persona nei propri viaggi all'estero - da $500 a $3.000. Subito dopo fu la volta dei primi permessi di detenere conti in banche straniere e di compiere investimenti e, nella seconda metà degli anni '90, furono rimossi gli ultimi bastioni del controllo sulla valuta estera.


    Il tasso di cambio

    Il tasso di cambio dello shekel oggi, dopo la rimozione di tutte le restrizioni alla valuta straniera, è determinato dal mercato monetario internazionale. Ma non è stato sempre così. Così come in tutte le economie successive alla II Guerra Mondiale, il tasso di cambio della valuta israeliana era fisso e veniva cambiato (svalutato) di tanto in tanto su decisione del governo. Nel 1948 la lira israeliana era pari a una sterlina (4 dollari USA) e fu svalutato, nel 1949, a $2,80 assieme alla sterlina. Da allora la moneta israeliana ha subito molte svalutazioni (per esempio, a 1,80 Lire per dollaro nel 1954, 3 per dollaro nel 1962, 4,20 nel 1971 e 6 nel 1974). Tutto ciò, in conformità alla politica economica, aveva lo scopo di ridurre il divario fra esportazioni e importazioni, controbilanciando in fondo il commercio estero dal tasso d'inflazione locale accumulato dalla svalutazione precedente. Nel 1975 Israele seguì il cambiamento di tendenza dell'OCSE e intraprese una "svalutazione strisciante" (consentendo fino al 2% di svalutazione al mese). Questo sistema durò due anni, fino alla realizzazione delle prime misure di liberalizzazione. Da allora il tasso di cambio è determinato quotidianamente dalla Banca d'Israele, in base alle fluttuazioni del mercato. Nel 1980 10 lire israeliane furono convertite in 1 shekel e nel 1995, 1000 shekel divennero 1 Nuovo Shekel Israeliano (N.I.S.). Nel Luglio del 2007, il tasso di cambio del Nuovo shekel israeliano, in media, era pari a 0,24 dollari.


    Contenimento del bilancio nazionale

    Le insolite circostanze della crescita economica israeliana, molte delle quali, nei primi due decenni dello Stato, dovettero essere provocate dal governo, posero Israele ai primi posti tra i paesi con un alto bilancio nazionale in proporzione al PIL. Vi sono stati casi in cui il bilancio è stato perfino superiore al PIL, ma fu ridotto al suo 95% nel 1980, al 64% nel 1990, al 49% nel 2005 e a circa il 40% nel 2006. Inoltre, mentre nei primi anni nel bilancio veniva consentito un deficit (la parte non finanziata da tasse e prestiti locali) soltanto per propositi di "sviluppo" (vale a dire investimenti), in seguito, con la crescita dell'onere economico legato alla difesa, i deficit di bilancio "ordinari" divennero un fatto di routine. Nel corso degli anni '90 fu posto un particolare accento alla riduzione di questi deficit. L'obiettivo era quello di portare il rapporto deficit/PIL a livello di quello prevalente nelle economie sviluppate occidentali. Questa politica riuscì, in effetti, a ridurre il deficit di un quarto rispetto a quello dell'inizio del decennio. Dopo essere cresciuto in maniera considerevole nel 2001, è stato riportato al 6% nel 2003, al 5% nel 2004, al 3,2% nel 2005 e all'1,8% nel 2006. Il programma di riforma economica intrapreso dal governo israeliano nel 2003 continua a ridurre ulteriormente il budget (oltre che le tasse) e a snellire l'economia.

     

    Privatizzazioni

    Pur rimanendo ancora impegnato a incoraggiare le iniziative economiche, il governo israeliano è riuscito, con la sua politica a partire dagli anni '90, a ridurre il proprio coinvolgimento diretto nell'economia. Oltre a eliminare quasi del tutto i sussidi in sostegno dei prezzi per generi di prima necessità e quelli destinati a promuovere investimenti ed esportazioni stranieri, il governo ha intrapreso una vasta campagna di privatizzazione con la vendita della proprietà di centinaia di compagnie pubbliche. Mentre durante il primo decennio di questa politica furono privatizzate principalmente piccole imprese, il processo si è ampliato negli ultimi anni, fruttando un introito di 3 miliardi di dollari dalla vendita di imprese molto più grandi, come banche, El Al (la compagnia aerea israeliana), Zim (navigazione), Bezeq (telecomunicazioni), e la prossima in agenda è l'industria petrolifera. Il governo intende inoltre trasferire al settore pubblico alcuni dei servizi propri del settore privato.

     
  •