Il 30 Novembre in Israele si commemora il destino di più di
850.000 ebrei che furono cacciati dagli Stati arabi e dall’Iran durante il XX
secolo.
Questo giorno ricorda la tragedia di persone costrette a
lasciare le proprie case e scappare dai propri paesi dove avevano vissuto per
millenni, solo a causa della loro identità ebraica. Molti furono private dei
loro averi e altrettanti furono vittime di violenze e perseuzioni.
La storia dell’espulsione di intere comunità ebraiche dai
Paesi arabi rappresenta un evento significativo della storia ebraica poichè non
ha avuto effetti solo sulla composizione demografica della Nazione ebraica, ma
anche su quella di tutto il Medio Oriente e del Nord Africa; è una storia che
deve essere raccontata.
Ricerche recenti stimano che il numero di ebrei residenti in
Paesi arabi e in Iran raggiungesse un totale di 850.000 persone nell’anno della
Dichiarazione d’Indipendenza israeliana. Alcuni ricercatori credono perfino che
tale numero si avvicinasse in realtà al milione. Nel Nord Africa, 259.000 ebrei
lasciarono il Marocco, 140.000 dall’Algeria, 100.000 dalla Tunisia, 75.000
dall’Egitto, e altri 38.000 dalla Libia. In Medio Oriente, ne partirono 135.000
dall’Iraq, 55.000 dallo Yemen, 34.000 dalla Turchia, 20.000 dal Libano e 18.000
dalla Siria. L’Iran costrinse 25.000 ebrei a lasciare il Paese.
I seguenti paragrafi descrivono in parte quello che gli
ebrei residenti nei Paesi arabi e in Iran hanno dovuto affrontare negli anni
‘40 e in seguito alla Dichiarazione d’Indipendenza dello Stato d’Israele fino
alla seconda metà del XX secolo.
Iraq
In Iraq, Paese in cui era presente una grande comunità
ebraica da circa 2600 anni, nel giugno 1941 scoppiarono violenti disordini
conosciuti come il Farhud, contro la popolazione ebraica, soprattutto a Bagdad.
In seguito ad un colpo di Stato fallito, gruppi di soldati delusi
approfittarono del vuoto di potere e si addentrarono nei luoghi abitati dalle
comunità ebraiche insieme ad una folla assetata di sangue. Uccisero 179 persone
innocenti e ne ferirono oltre 2.100, lasciando 242 bambini orfani. Tale atto di
violenza venne in seguito celebrato in tutto il mondo arabo e nella Germania
nazista.
Nel 1948 in risposta alla risoluzione 181 delle Nazioni
Unite ( "il Piano di Partizione") e la conseguente Dichiarazione
d’Indipendenza dello Stato d’Israele, furono approvate delle leggi che
dichiaravano il sionismo reato penale; ciò consentì alla polizia di fare
irruzione nelle case di migliaia di ebrei per cercare qualsiasi prova che
facesse di loro dei sionisti. Migliaia di ebrei furono sollevati da incarichi
pubblici e il valore delle loro case venne valutato come il 20% di quello delle
case dei loro vicini arabi.
Negli anni tra il 1948 e il 1951, oltre 120.000 ebrei
iracheni immigrarono in Israele per crearsi una nuova vita. Così facendo,
persero la cittadinanza irachena e (dopo il marzo 1951) le loro proprietà.
L'antica comunità ebraica in Iraq (che un tempo costituiva quasi un terzo della
popolazione totale di Baghdad) è ormai inesistente.
Egitto
La storia della popolazione ebraica d'Egitto è simile a
quella irachena. Nel 1940, le ostilità contro la comunità ebraica egiziana,
che contava circa 80.000 persone, si fecero sempre più dure. Furono approvate delle leggi che limitavano il numero
d’impiegati di origine ebraica nelle aziende, così come leggi che richiedevano
che gli azionisti di maggioranza delle società fossero cittadini egiziani.Inoltre, quando agli ebrei egiziani venne negata la
cittadinanza, molti di loro persero il posto di lavoro e le proprie imprese.
Durante la guerra d’Indipendenza del 1948, migliaia di ebrei
egiziani vennero internati nei campi di lavoro, licenziati, ed arrestati per
presunte collaborazioni con uno stato nemico. Sinagoghe, case, e imprese furono bombardate, uccidendo e
ferendo molti ebrei. Più di 14.000 ebrei immigrarono in Israele durante questo
periodo in cerca di sicurezza. Tra il 1948 e il 1958, più di 35.000 ebrei fuggirono
dall'Egitto. Anche se gran parte di questa immigrazione fu causata
dall’oppressione sistematica, un altro fattore importante che contribuì che spinse
gli ebrei a lasciare l’Egitto fu il sionismo e il desiderio di vivere in patria
ebraica, recente ristabilita in Israele. Tra il 1956 e il 1968 altri 38.000 ebrei lasciarono l’Egitto
per sfuggire alle ripetute ingiustizie quali l’esproprio da parte del governo
delle loro case e delle loro imprese, nonché per evitare gli arresti arbitrari.
Yemen
Gli ebrei yemeniti affrontarono una delle persecuzioni
peggiori. Alla fine del novembre del 1947, la popolazione araba di Aden decise
di indire uno sciopero di 3 giorni in segno di protesta contro la risoluzione
181 dell'Assemblea Generale dell'ONU (il Piano di Partizione). La protesta si
trasformò ben presto in atti di violenza. Oltre 80 ebrei yemeniti innocenti
furono brutalmente uccisi, oltre 100 aziende di proprietà di ebrei furono
completamente saccheggiate mentre case, scuole ebraiche e sinagoghe vennero
bruciate e rase al suolo. Quest’ondata di violenze rappresenta uno degli
attacchi peggiori contro la popolazione ebraica nel mondo arabo.
Per salvare gli ebrei yemeniti, dal 1949 al 1950 il governo
israeliano promulgò l’Operazione Tappeto Magico (conosciuta in ebraico come
"Sulle Ali delle Aquile"). L'operazione, messa in atto grazie
all’aiuto degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, prevedeva il trasferimento
degli ebrei yemeniti da Aden in Israele tramite aeromobili americani e inglesi.
Alla fine dell'operazione, oltre 47.000 ebrei yemeniti furono salvati dalle
persecuzioni e portati nella loro nuova casa: Israele. Israele.
Libia
Negli anni ’40, la comunità ebraica libica contava più di
2.300 anni di residenza su quell territorio; essa era caratterizzata da una
ricca cultura e da una popolazione di oltre 37.000 persone. Durante la seconda
guerra mondiale, il regime libico mise in atto il proprio Olocausto
d’ispirazione nazista: più di 2.000 ebrei vennero portati nei campi di
concentramento nel deserto. Le vittime furono centinaia. Durante il dopoguerra,
il nazionalismo arabo crebbe in Libia, generando pogrom violenti contro la comunità
ebraica. Nel 1945, nella città di Tripoli, più di 140 ebrei furono uccisi in
una violenta sommossa antisemita e pochi anni dopo, nel 1948, scoppiò un altro
pogrom che portò alla morte di 12 ebrei e alla distruzione di oltre 280 case
ebraiche. Tra il 1948 e il 1951, 30.972 ebrei fuggirono in Israele a causa
delle politiche ostili del governo libico.
I discendenti di questi immigrati provenienti da paesi arabi
ora rappresentano la maggioranza della popolazione ebraica di Israele. Gli
esuli ebrei costretti a fuggire dalle loro case non hanno solo superato la
tragedia personale e comunitaria sopravvivendo ad essa, ma hanno perfino
ottenuto una rivincita, rivestendo molti ruoli e posizioni importanti nel
governo nazionale e nei settori pubblici e privati. Il contributo di queste
persone al tessuto della società israeliana è stato prezioso, e le loro culture
vivaci sono una parte integrante del colorato mosaico del popolo ebraico in
Terra d'Israele. É tempo per il mondo di ascoltare la loro storia.