L’operazione “Good Neighbor”: l’aiuto dell’IDF ai siriani

“Good Neighbor”: l’aiuto dell’IDF ai siriani

  •     Soldati medici sul campo
     
    Quattro anni fa un ferito siriano si è avvicinato al confine con Israele chiedendo aiuto all’IDF. Allora non c’era una politica a riguardo, solo la decisione immediata di un comandante di intervenire e presatre cure mediche a un civile ferito. Da allora l’IDF ha continuato a fornire assistenza medica quasi quotidiana. Nel giugno 2016, il Comando Nord dell’IDF ha stabilito il quartier generale dell’operazione “Good Neighbor” (buon vicinato), in seguito alla decisione di continuare l’aiuto umanitario.

    L’obiettivo dell’operazione “Good Neighbor” è dare assistenza umanitaria al maggior numero possibile di persone sempre mantenendo la posizione israeliana di non coinvolgimento nel conflitto siriano. Nell’agosto 2016 sono iniziate le prime attività, coordinate dal quartiergenerale dell’operazione; da allora sono stati organizzati più di 110 interventi di aiuto di diverso genere.

    Il Colonnello Noam Fink, ufficiale medico capo del Comando Nord, dice che “dopo 20 anni di carriera medica, posso sicuramente dire che le cure mediche che forniamo ai nostri vicini qui nel nord di Israele sono frutto degli sforzi più consistenti che abbia mai visto per garantire assistenza a chi ne abbia bisogno”. “Spero sinceramente che il nostro contributo possa avere un effetto diretto sulle vite dei nostri vicini siriani”.

    I destinatari degli aiuti umanitari sono per la maggior parte circa 200.000 residenti della regione di Hauran, nella Siria sud-occidentale. Circa 400 famiglie vivono in tende vicino al confine tra Israele e Siria, mentre gli altri vivono in villaggi o all’aperto. Un terzo degli assistiti è composto di sfollati o rifugiati e circa metà di loro è composta di ragazzi che hanno meno di 18 anni. “Il popolo siriano vuole la pace con Israele”, dice uno dei siriani che è stato ricoverato in un ospedale israeliano. “Ai siriani che credono che Israele sia il nostro nemico dico: sbagliate”.

    Nel quadro dell’Operazione “Good Neighbor”, l”IDF fornisce principalmente tre tipi di assistenza:

    1.      Assistenza medica – oltre 4.000 persone sono state portate in Israele per ricevere cure mediche, comprese centinaia di bambini. L’IDF distribuisce anche medicine, forniture mediche e attrezzatura ai siriani oltre il confine. Un ospedale di campo internazionale è stato allestito in un avamposto israeliano vicino al confine.

    2.      Infrastrutture – 450.000 litri di carburante sono stati consegnati per riscaldamento, per mettere in funzione i pozzi d’acqua e i forni nelle panetterie. L’IDF ha anche consegnato sette generatori, tubature dell’acqua per ricostruire le reti idriche e attrezzatura per una scuola temporanea nella regione.

    3.      Aiuti civili – l’IDF ha distribuito 40 tonnellate di farina, 225 tonnellate di cibo, 12.000 pacchi di latte in polvere per bambini, 1.800 pacchi di pannolini, 12 tonnellate di scarpe e 55 tonnellate di vestiti per l’inverno.

    L’IDF fornisce aiuto ai siriani che si trovano oltre il confine per due ragioni principali. Anzitutto è la risposta a un imperativo morale: non possiamo rimenere inerti di fronte alla grave crisi umanitaria senza aiutare vittime innocenti del conflitto. Inoltre, siamo convinti che l’aiuto umanitario potrà in futuro creare un ambiente meno ostile oltreconfine, con conseguenze positive anche sulla sicurezza di Israele.


    Le testimonianze dei medici dell’IDF al confine con la Siria

    Il Tenente Colonnello, dr. Tomer Koller, ufficiale medico della Divisione Bashan di stanza sulle Alture del Golan dice che “le cure prestate ai feriti siriani sono continue, quasi quotidiane. È nostro dovere in quanto parte del Corpo Sanitario dell’Esercito di curare qualsiasi ferito – alleato o nemico, indifferentemente. Per noi sono semplicemente dei feriti che hanno bisogno di aiuto. È iniziato tutto con un ferito siriano che è arrivato al confine e ha chiesto aiuto. Allora non c’era una politica a riguardo, solo la decisione sul posto di un comandante di non opporsi alla richiesta di aiuto di una persona ferita. Da allora sono molti i feriti siriani curati in Israele e ognuno ha la propria storia”. Solo nel 2016, 600 siriani sono stati curati negli ospedali israeliani. “L’aiuto medico ai feriti siriani è espressione della compassione e del codice etico dell’IDF” dice il Tenente Colonnello Koller, che aggiunge: “Anche se facciamo attenzione a non farci coinvolgere nella guerra in Siria, accettiamo chiunque abbia bisogno di cure, senza distinzione di nazionalità, senza pensare alla parte del confine da cui provenga il ferito. È un valore superiore; questo è ciò che siamo come società”.

    La sergente Aviya, medico della Brigata Golan, presta cure mediche ai feriti siriani quasi ogni giorno. “Tutto comincia con una telefonata, di solito a tarda notte, di persone ferite che si stanno dirigendo verso la barriera al confine. Da lì, a un punto di ritrovo vicino alla barriera, tentiamo di capire cosa ci aspetta per poterci preparare”, dice il Sergente Aviya che ricorda un caso particolare. “La prima volta che ho dovuto mettere in pratica quanto ho imparato all’addestramento del corso medico, è stato quando la mia squadra è stata chiamata a curare un bambino siriano di 10 anni gravemente ferito in seguito a un’esplosione dall’altra parte del confine. Quando lo abbiamo trovato, i suoi occhi erano pieni di lacrime ed era in stato di shock per quanto aveva vissuto. Dopo un primo soccorso di emergenza, lo abbiamo preparato per il trasferimento a un ospedale in Israele. Quando abbiamo finito il trattamento, il bambino ci ha guardati accennando un piccolo, timido sorriso. Ho capito che potevamo aver appena salvato la vita di quel bambino, e non meno imporante, abbiamo creato un ponte tra due mondi. Per questo è bello esser parte di questa squadra”.

    La maggior parte dei feriti siriani sono trasferiti in ospedali nel Nord di Israele, dove il personale medico qualificato li cura fino al loro ritorno in Siria. A, un ferito siriano ricoverato in ortopedia nell’ospedale Zvi di Safed, dice: “Non so come stia la mia famiglia a casa. Ho lasciato in Siria mia moglie e mio figlio di due anni”. Grato delle cure ricevute in Israele prega “affinché altri Paesi facciano lo stesso”, appellandosi perché “non rimangano inerti di fronte a ciò che sta succedendo in Siria e al popolo siriano”.

    Prima del trasferimento negli ospedali, i paramedici forniscono cure immediate ai feriti siariani che arrivano al confine. Ecco la testimonianza del Caporale Yoad, paramedico:


    Qual è la parte più difficile del tuo lavoro?

    Per me la cosa più difficile è vedere bambini feriti. C’era un’intera famiglia tra i feriti: madre, figlio e una bambina piccola, tutti in gravi condizioni. La madre e la figlia avevano una terribile ferita allo stomaco, era così aperta che gli intestini stavano uscendo. Il figlio era privo di sensi per una ferita alla testa e aveva bisogno di un respiratore. Dal traduttore, abbiamo capito che la loro casa era stata colpita da un missile. Abbiamo prestato le prime cure sul luogo prima del trasferimento in due ospedali diversi. La separazione non è stata facile e per la bambina è stato straziante vedere la madre in quelle condizioni. Non è sempre semplice trovarsi in simili situazioni, e non è semplice mantenere sempre la lucidità – quando le emozioni sono troppo forti, parlo con gli altri paramedici e ci solleviamo il morale a vicenda.

    In cos’è diverso questo lavoro dal lavoro di un paramedico del MADA (Magen David Adom, il servizio medico di emergenza di Israele)?

    C’è differenza tra i feriti che vedi nel lavoro con MADA e le condizioni dei feriti di guerra siriani. Con MADA le ferite sono recenti, dovute a incidenti o cadute; completamente altra cosa è invece curare i siriani, che si spostano per chilometri da una zona di guerra. Nel lavoro di MADA le ferite sono riportate dieci, quindici, massimo venti minuti prima dell’intervento. I feriti siriani accedono alle cure con ferite riportate magari due ore prima, e tenti di tenerli in vita e coscienti. Le persone arrivano con ferite terribili. È una situazione completamente diversa.

    Siria e Israele sono Paesi nemici. Cosa diresti a quanti credono che stai dando cure ai tuoi nemici?

    Chiunque la pensi così può andare in un qualsiasi ospedale, aprire la porta di una stanza e vedere un bambino siriano di due anni, ferito. È semplice fare affermazioni, ma quando vedono le persone che stiamo curando, le cose cambiano. Queste persone non sono i nostri nemici.

    Come ti sei sentito quando hai saputo che avresti lavorato con siriani?

    Quando sono stato assegnato al confine siriano, sapevo che avrei curato feriti siriani. Al corso abbiamo imparato a curare chiunque abbia bisogno di aiuto. Non importa chi siano i feriti; noi diamo loro le cure di cui hanno bisogno. Stiamo parlando di esseri umani intrappolati in un conflitto con cui non hanno nulla a che vedere, di bambini che soffrono per ferite gravissime, come quella bambina di sette anni la cui casa è stata colpita da un missile: lei non ha un programma politico, non c’è nessuna ragione per cui non la dovrei aiutare.

    Cosa pensi del tuo compito ora?

    Quando vivi in un Paese come questo (Israele) non ti rendi conto di come stai bene. Le persone che curiamo lottano per sopravvivere. Aver la possibilità di aiutarle è estremamente appagante. Non so come spiegarlo – queste persone riportano ferite solo perché sono nel posto sbagliato al momento sbagliato. Aiutarle per il solo scopo di aiutare, aiutarle perché puoi farlo è un’esperienza indescrivibile.​


    Fonti:

    https://www.idfblog.com/2017/07/19/operation-good-neighbor-inside-idfs-effort-provide-aid-syria/

    https://www.idfblog.com/2017/04/06/46327/

    https://www.idfblog.com/2017/03/09/idf-medical-care-syrians/​