Il 13 ottobre scorso si è tenuto nella Sala Capitolina del Senato, l’incontro “Jerusalem Prayer Breakfast”; un evento importante organizzato dall’omonimo movimento di preghiera, fondato e presieduto dal Membro dellla Knesset (MK) Robert Iliatov e co-presieduto dalla Deputata del Congresso Americano Michele Bachmann.
Un incontro reso possibile anche grazie al lavoro degli Evangelici per Israele e il Senatore Simone Pillon, e al quale hanno partecipato anche diversi politici amici di Israele, primo fra tutti il Senatore Matteo Salvini, che in questa sede si è espresso fortemente a favore del trasferimento dell’Ambasciata italiana in Israele, l’On. Giorgia Meloni, il Sen. Lucio Malan, il Sen. Giuseppe Cucca, e l’On. Paolo Formentini.
Qui riportiamo il discorso tenuto dall'Ambasciatore Dror Eydar in tale occasione:
"Onorevoli Senatrici e
Onorevoli Senatori,
Ringrazio il Senato della
Repubblica, che ci ospita qui oggi per questa lodevole iniziativa.
Ringrazio gli organizzatori
della Jerusalem Prayer Breakfast qui in Italia.
E ringrazio voi tutti, per
essere qui presenti oggi, uniti tutti dallo stesso amore per Gerusalemme.
La notte andavamo a dormire
con Gerusalemme sulle labbra, e durante il giorno benedicevamo il pane e
aggiungevamo una richiesta a Dio che è nei cieli, di non dimenticare di
ricostruire Gerusalemme.
Quando una coppia di
innamorati coronava il proprio amore e si sposava, si rompeva un bicchiere
sotto il baldacchino nuziale, – segno che il loro amore non era completo
fintanto che Gerusalemme fosse in rovina.
Alla vigilia dello Shabbat,
con l'entrata del tempo sacro, l’abbiamo incoraggiata, da ogni parte del mondo,
in cui ci siamo fermati per una o due generazioni, con le parole di un noto
canto ebraico: “Santuario del Re, città regale, / sorgi, esci dalla
distruzione; / hai vissuto abbastanza nella valle del pianto, / Egli avrà pietà
di te”.
E quando, nelle nostre varie
diaspore, ci è stato chiesto di cantare, abbiamo saputo ripetere l’eterno
giuramento, che i primi esuli di Sion fecero sui fiumi di Babilonia, nel sesto
secolo a.C.: “Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si
attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto
Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia”. Questo giuramento, ci ha
accompagnati nella valle buia dei popoli e delle nazioni; e anche durante le
terribili azioni nei campi di sterminio, sussurravamo “Non ti dimenticheremo,
nostra amata”, e sapevamo – lo abbiamo sempre saputo – che avremmo fatto
ritorno ad essa. Se non noi, allora i nostri discendenti, e se non oggi, allora
domani o dopodomani, o fra mille o duemila anni; ma alla fine del lungo
viaggio, saremmo tornati.
E Gerusalemme ci ha
aspettati, come una madre attende i propri figli, come un’amata il suo diletto,
come corona il capo del re.
Care amiche e cari amici, se
volete sapere da dove abbiamo tratto la forza, per sopportare il lungo viaggio
storico che abbiamo affrontato, dalla distruzione del nostro Paese a oggi, la
risposta è: Gerusalemme.
È vero che nelle migliaia di
anni da allora, Gerusalemme è stata la capitale politica di un solo popolo, il
popolo ebraico. Ma questa città è diventata negli anni, un centro spirituale
per gran parte dell’umanità, e per le grandi religioni. I nostri profeti
avevano profetizzato che Gerusalemme sarebbe diventata un tale magnete per i
popoli del mondo, e hanno detto che questo, alla fine avrebbe portato alla
tanto attesa pace mondiale.
Ecco le parole di un profeta
di Gerusalemme dell’ottavo secolo a.C.: “Ciò che Isaia, figlio di Amoz, vide
riguardo a Giuda e a Gerusalemme: Alla fine dei giorni, il monte del tempio del
Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso
affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo
sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue
vie, e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge,
e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro
fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno
più nell'arte della guerra.”.
L’ultimo versetto è inciso
all’ingresso del Palazzo delle Nazioni Unite a New York.
Quello che è scritto in
questi versetti, è che il luogo in cui le nazioni del mondo trasformeranno le
loro spade in aratri, e le loro lance in falci, non sarà a New York o in un
luogo simile nel mondo, ma a Gerusalemme.
Queste parole furono dette
da un profeta che visse nella capitale di un regno ebraico indipendente,
durante il regno del re Ezechia, il cui sigillo è stato recentemente ritrovato
nella città di Davide, e che reca l'iscrizione in ebraico antico: “Ezechia
figlio di Acaz re di Giuda”. Capite? Profetizzò proprio di questa città che
vide egli stesso ai suoi giorni. Il profeta Isaia ci indica da tanto lontano
nel tempo, che la pace mondiale inizierà con il ritorno di Gerusalemme ad
essere capitale del regno indipendente di Israele.
La dimensione politica si
esprime nel corpo nazionale risorto, e in sua virtù, possono fiorire ancora di
più lo spirito, l’anima, la dimensione religiosa e quella intellettuale.Per questo abbiamo bisogno
di voi, persone buone tra le nazioni del mondo, nostre amiche e nostri amici,
perché prendiate parte all’edificazione di Gerusalemme, vale a dire, a
rafforzare la sua posizione di capitale eterna del popolo di Israele.
Anche su questo,
profetizzarono Isaia e i suoi discepoli: “Stranieri ricostruiranno le tue mura,
e i loro re saranno al tuo servizio” (Isaia 60,10). La costruzione delle mura di
Gerusalemme da parte delle nazioni del mondo è l’accesso e la soglia per la
pace mondiale.
Questo processo, di
costruzione di Sion da parte delle nazioni del mondo, ha avuto inizio circa un
secolo fa, proprio qui, sul suolo italiano. Alla fine della prima guerra
mondiale, quattro imperi crollarono: l’impero tedesco, l’impero
austro-ungarico, l’impero russo e l’impero ottomano. E qui, dal fumo e dalla
polvere di quella terribile guerra, dalle rovine della fine dell’era degli
imperi, è sorta la questione dell’indipendenza del Medio Oriente, culla della
civiltà mondiale, e ancor più la questione del popolo ebraico e del suo
focolare nazionale. Un’entità politica antica, scomparsa dalla scena mondiale
per 19 secoli, e che ora cerca di risorgere.
Dove si svolse tutto questo?
In Italia. A Sanremo, per la prima volta, le potenze vincitrici, che avevano
ottenuto i territori dell’Impero ottomano, riconobbero i diritti del popolo ebraico
sulla loro antica terra. Tra tutti i popoli, l’Italia fu scelta per ospitare la
conferenza, che avrebbe dato compimento alle profezie bibliche sul ritorno a
Sion. La Terra d’Israele era quasi vuota di ebrei e, come Ciro nel sesto secolo
a.C., le nazioni del mondo – fra cui
l’Italia – hanno chiamato il popolo ebraico a tornare a casa.
Ma la missione storica
dell’Italia nei confronti del popolo ebraico e del suo Paese, non è ancora
stata completata. Attualmente, l’Ambasciata italiana in Israele non è nella
nostra capitale, non è nella sua sede naturale.
Io ho un sogno, ed è
condiviso da molti. Il sogno è vedere la bandiera dell’Italia, questo
meraviglioso Paese, sventolare nella Città Eterna di Gerusalemme. Il
trasferimento dell’Ambasciata d’Italia a Gerusalemme sarebbe la chiusura di un
doppio cerchio: si chiuderebbe il cerchio dell’Italia moderna che ha dato
inizio al processo del Ritorno a Sion, circa un secolo fa a Sanremo. E si
chiuderebbe un cerchio trans-storico: siamo a Roma. Da questo luogo giunsero
nel primo secolo d.C., le truppe dell’Impero Romano, per reprimere la rivolta e
le aspirazioni di libertà del popolo ebraico, distruggendo Gerusalemme e il suo
Tempio.
Da questo luogo giungerà la
notizia dei rappresentanti del rinnovato popolo italiano, circa il loro
riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele, segnando
così la partecipazione alla costruzione di Gerusalemme, e al compimento delle
profezie bibliche sul ritorno del popolo ebraico a Sion e a Gerusalemme.
In tal modo, realizzeremo
anche le parole di Moses Hess, l’intellettuale ebreo che si ispirò al
Risorgimento italiano, e già nel 1861, prima che Roma diventasse capitale
d’Italia, profetizzò nel suo libro intitolato “Roma e Gerusalemme”: “Con la
liberazione della Città Eterna sulle sponde del Tevere, comincia la liberazione
della Città Eterna sul Monte Moriah”, cioè Gerusalemme.
La questione è nelle vostre
mani.
Grazie."